Nel cuore del nulla

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Nel cuore del Nulla

 

Nel vuoto primordiale dell’etere, senza forma né suono,

Dove il silenzio regna sovrano e divino,

C’era una volta un tempo sospeso,

Dove il nulla era tutto, e l’assenza un mistero acceso.

 

In quell’abisso senza confini né orizzonti,

Dove la luce stessa perde i suoi contorni,

Danze di stelle invisibili si svolgevano,

In un balletto di universi che si creavano.

 

Nel cuore di quel vuoto, un palpito sottile,

Come un’eco lontana, un sospiro gentile,

Era il respiro dell’infinito, l’essenza stessa,

Che dava vita al vuoto, una misteriosa promessa.

 

Nel regno dell’assenza, ogni cosa aveva origine,

Nel silenzio primordiale, ogni forma, ogni confine.

Tra le pieghe dell’eternità sconfinata,

Il niente era tutto, in una danza innamorata.

 

E anche se il tempo non aveva né inizio né fine,

In quel tempo primordiale, le ore erano divine.

Perché nel cuore del nulla, nel ventre del tutto,

Era il germe della vita, il seme dell’indomito.

 

Tra le pieghe del vuoto cosmico e sereno,

Nacque l’universo, con il suo splendore ameno.

E in quella favola senza tempo, nella sua magia sottile,

Il niente era tutto, e tutto era possibile.

 

Corrado Borgh

25 aprile 2024

 

“Nel Cuore del Nulla” è come un viaggio nell’ignoto, un’esplorazione poetica del mistero dell’universo prima della sua esistenza. Inizia immergendoci in un luogo immaginario, il vuoto primordiale dell’etere, dove il silenzio regna sovrano e divino. Qui, il tempo sembra sospeso, e il nulla stesso diventa tutto, avvolto da un velo di mistero.

Attraverso le parole del poeta, ci ritroviamo a vagare in un abisso senza confini né orizzonti, dove la luce stessa perde i suoi contorni, e danze di stelle invisibili si svolgono come un balletto cosmico. È come se fossimo testimoni della creazione stessa, mentre l’universo prende forma davanti ai nostri occhi, anche se in modo invisibile e ineffabile.

Nel cuore di questo vuoto, sentiamo un palpito sottile, un eco lontana di un respiro gentile, che ci ricorda l’infinito e la promessa della vita stessa. È come se il vuoto stesso fosse pregnante di potenziale, pronto a dare vita a qualcosa di nuovo e meraviglioso.

Il regno dell’assenza diventa così il luogo di origine di ogni cosa, dove ogni forma, ogni confine ha inizio nel silenzio primordiale dell’eternità sconfinata. È un’esperienza che ci avvolge in una sorta di danza innamorata, dove il niente è tutto, e tutto è possibile.

Nonostante il tempo non abbia inizio né fine in questo contesto primordiale, ogni istante è sacro, divino. Nel cuore del nulla, nell’essenza stessa del tutto, troviamo il germe della vita, il seme dell’indomito, che porta con sé la promessa di nuovi orizzonti e di avventure senza fine.

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